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24 Mar 2021 / News

I principi del Common Housing®

I principi del Common Housing®

Innovare per includere

Alessandro Maggioni

La nascita del marchio Common Housing® è un altro lascito di AAAarchitetticercasi. Quando, dopo aver conosciuto Marco Jacomella e Carla Ferrer vincitori con altri di AAA 2013, dissi loro di venire in CCL a spiegarci le vitali innovazioni messe in campo dalla cooperazione abitativa zurighese per uscire dalla staticità, ebbi un colpo di fulmine. Era necessario ripartire, anche noi, da una prospettiva non tanto “neocomunitarista” (oggi il termine comunità è sovente abusato!) ma da una prospettiva di “abitare come bene comune”.

I “commons”, insomma, alla base di una prassi mutualistica.

Chiesi a Marco, in un battibaleno di ideare un marchio da registrare. Oggi quel marchio è patrimonio del CCL.

In questi tempi, soprattutto a Milano, è tutto un fiorire di iniziative in cui la dimensione della condivisione pare essere diventata una costante: iniziative immobiliari di ogni stampo che non mancano di mettere l’accento su spazi di coworking condominiali, su parchi gioco in cortile, servizi di concierge e via dicendo. Una parola, in questi annunci, risuona sempre riferita a tali spazi e servizi: la parola “esclusivi”. Ossia alternative a quello che offre la città.

Si tratta di torsioni di marketing che seguono la scia post covid che porta alla richiesta di spazi aggiuntivi all’alloggio, con l’obiettivo prioritario di estrarre valore così da riuscire a vendere le case a prezzi ancora più alti.

Ecco, dunque, la necessità di specificare quanto il nostro Common Housing® ponga in una prospettiva alternativa a ciò, avendo a base la dimensione collettiva non come fattore di pura riproduzione monetaria, bensì come processo e prodotto che guardi alla convinta possibilità di fondare un modo “cordiale e aperto” di abitare la casa e la città.

Common Housing® (da ora in poi CH) poggia su tre interconnessi ed essenziali pilastri: quello mutualistico, il pilastro della qualità immobiliare e quello dei servizi per il benessere abitativo. Vediamo di tracciarne le linee essenziali.

PILASTRO MUTUALISTICO

In questo caso la regola è semplice: non esiste CH se alla base non vi è una prassi cooperativa. Con questa affermazione si intende dire che il processo con cui si arriva a realizzare un alloggio in CH è indissolubile rispetto all’obiettivo e – in una prospettiva di autoeducazione a un approccio collettivo – l’unica modalità in cui ciò si realizza è la modalità del radicale mutualismo in campo abitativo, applicato da sempre in CCL e consolidato nel “Rating mutualistico” di Confcooperative Habitat.

Punti focali di tale pilastro sono i capisaldi stessi del cooperativismo delle origini: partecipazione dei soci, trasparenza nella gestione, frazionamento dei costi senza profitto, democrazia deliberativa (una testa un voto) in una società di persone e non di capitale.

Attuando tale faticoso ma genuino processo, i soci di una cooperativa entrano in una sorta di percorso maieutico che – in assenza di altre agenzie di civismo formativo – accompagnano gli abitanti in un processo di comprensione della complessità richiesta ai processi democratici.

PILASTRO DELLA QUALITÀ IMMOBILIARE

La funzione prima di CH è quella di rispondere al bisogno di casa dei propri soci. Per questo la funzione economica di ogni iniziativa di CH non è estrattiva di valore per gli abitanti (soci) delle iniziative, bensì produttiva di valore per gli stessi.

Applicando il principio, anche in tal caso semplice, della “miglior casa al minor costo”, si risponde infatti – ontologicamente – sia a una risposta di carattere autenticamente sociale, sia alla tenuta nel tempo del valore e della qualità del bene casa.

Anche in tal caso tale pilastro del CH è strettamente correlato alle prassi in uso in CCL e codificate dal “Rating Mutualistico” di Confcooperative Habitat nei processi di costruzione degli immobili.

In sintesi: una cooperativa CH non è una cooperativa di costruzione ma una cooperativa di abitanti; per questo si affida la realizzazione degli immobili a imprese di costruzione tramite gare d’appalto. Il capitolato e la descrizione dei lavori di tali realizzazioni punta alla massima qualità dell’immobile, sia nella parte “invisibile” (impermeabilizzazioni, acustica, impianti), sia in quella “visibile” (finiture e dotazioni) con un puntiglioso controllo del processo tramite i professionisti del CCL. Quello che è scritto in contratto, tramite tale controllo e tramite un articolato sistema di garanzie, deve essere realizzato: le imprese non possono contare su modifiche al ribasso, spesso in uso in molti processi costruttivi.

PILASTRO DEI SERVIZI PER IL BENESSERE ABITATIVO

Si tratta del terzo punto connotante CH, in un certo senso quello più intuitivo, ossia quello dei servizi collettivi connessi l’abitare.

In tal caso si vogliono strutturare servizi, individuati nel processo di cui al primo pilastro, che servano realmente agli abitanti e che trovino spazio al piede degli edifici di CH, secondo un doppio livello: servizi di preminenza condominiale e servizi collettivi aperti al quartiere.

In sostanza la dimensione che CH si prefigge di definire non è quella “esclusiva” dei servizi e degli spazi collettivi, bensì “inclusiva” degli stessi. Ciò significa pensare a un modello di ideazione e gestione che porti benefici in primis agli abitanti delle iniziative di CH ma al contempo porti anche ricchezza, umana e di servizi, al quartiere.

Il tutto, anche in tal caso, dando priorità alla risposta emergente dalla filiera mutualistica, in cui individuare il miglior servizio (o il miglior prodotto), al minor costo, replicando anche in tal caso non una funzione “estrattiva di valore”, bensì produttiva. Di valore e di benessere.

In sintesi penso si possa dire che senza la compresenza di tutti e 3 questi elementi fondativi, non a caso chiamati pilastri, non si può parlare di CH.

L’obiettivo finale è dunque quello di fare buone case per buoni abitanti, così da provare a ritessere sprazzi di urbanità in cui la dimensione umana correlata a una sobria giustezza riporti fiducia nei rapporti di prossimità.

Senza moralismi ma con autentico pragmatismo poiché “il modo in cui tu sei e io sono, la maniera secondo la quale noi siamo uomini sulla terra è l’abitare.1

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